L'operazione "Piombo Fuso" (ebraico: מבצע עופרת יצוקה, Mivtza Oferet Yetzukah) è una campagna militare lanciata dall'esercito israeliano negli ultimi giorni del 2008 ai danni di cellule dell'organizzazione islamica Hamas, responsabili del lancio di razzi in atto dal 2001. Questi ultimi da postazioni installate nel nord della Striscia di Gaza raggiungono insediamenti abitativi e cittadine del sud di Israele, provocando danni ad abitazioni e altre infrastrutture urbane, nonché un certo numero di vittime.
La reazione israeliana è stata provocata dalla violazione della tregua di sei mesi stabilita con Hamas da parte di quest'ultima, quando il 19 dicembre ha deciso il ripristino del lancio di razzi e attacchi d'artiglieria da Gaza, che, secondo la stessa Hamas, sarebbero stati realizzati in risposta al continuo blocco della Striscia di Gaza che sarebbe stato operato da Israele.
L'operazione è scattata il 27 dicembre 2008 (11:30 ora locale, 9:30 UTC) dopo il completamento della raccolta di informazioni di intelligence proseguita per un periodo di tempo imprecisato. La prima parte dell'azione è consistita nell'abbattimento da parte dell'aviazione di vari punti di alto profilo militare e altri obiettivi sospettati di essere legati al governo di Hamas.
L'obiettivo dichiarato di Israele è di distruggere Hamas e inibirne la capacità offensiva, affinché non possa più essere nelle condizioni di effettuare il lancio di razzi e colpire obiettivi civili israeliani.
Dinamiche
I raid aerei israeliani a partire dal 27 dicembre 2008 hanno provocato circa 400 morti, dei quali 100 sono civili, mentre dalla Striscia di Gaza continua il lancio di razzi Qassam e Grad nel sud d'Israele.
Nell'arco di tempo che va dal 31 dicembre 2008 al 3 gennaio 2009, i raid di Israele hanno ucciso un leader politico di Hamas, Nizar Rayyan, e altre due figure di rilievo, fra cui un non meglio precisato alto comandante del braccio armato di Hamas.
Successivamente, all'alba della mattina del 3 gennaio 2009 Israele ha cominciato a colpire Hamas con colpi di artiglieria, provenienti da mezzi stanziati a poche centinaia di metri dal confine con Gaza, preannunciando un'azione di terra. Già il 3 gennaio a Gaza il sistema sanitario era collassato; a 250.000 abitanti mancava l'elettricità mentre l'acqua corrente era disponibile a intermittenza ed essendo stato colpito il principale canale fognario gli scoli avevano occupato le strade. Per via dei 18 mesi di embargo, mancavano gas e carburante e scarseggiavano anche farina, riso, zucchero, latticini e conserve, mentre il 46% dei bambini soffriva di anemia acuta.
Alle 20:00 circa (ora locale) del 3 gennaio Israele è penetrata con truppe armate, carri e mezzi blindati di vario tipo, all'interno della Striscia di Gaza da tre punti, dando inizio ai primi scontri a fuoco, e riuscendo ad assumere il controllo di alcune postazioni di lancio dei razzi Qassam.
Nella mattina successiva all'inizio dell'azione di terra, le forze speciali dello stato d'Israele sono penetrate fin nella zona urbana periferica di Gaza, in particolare nella frequentata area commerciale. I conflitti con i miliziani di Hamas hanno provocato un numero elevato di morti e feriti soprattutto da parte palestinese, mentre da quella israeliana poche decine di feriti. Attualmente la città di Gaza risulta parzialmente accerchiata dalle forze armate israeliane e aspri combattimenti hanno avuto luogo nelle zone di Beit Hanun e Beit Lahia. Sono segnalati scontri a fuoco all'altezza di Jabalya, nel nord, e nel quartiere di Zeitoun, a est di Gaza City. Quest'ultima è stata complessivamente isolata dal sud del territorio, privando così i combattenti di Hamas di eventuali rifornimenti di armi e munizioni. L'offensiva tuttavia non ferma i razzi; questi continuano ad essere sparati da postazioni nascoste e a raggiungere il Negev israeliano.